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La Storia - Prima Parte

 

Presentazione

      L'avv.to Franco Martino torna ad affrontare in questo volume temi che riguardano la giustizia e il suo funzionamento, ma non limitandosi, come il titolo potrebbe far credere, ad una semplice ricostruzione storica delle vicende del Tribunale di Bari dal 1934 al 2004, ma offrendo al lettore, con l'approfondimento dello studioso, un variegato quadro di informazioni sui problemi della devianza minorile.
       Le questioni affrontate sono quanto mai attuali considerata la recrudescenza della criminalità giovanile e il diffondersi nel nostro Paese di fenomeni di bullismo e di violenze sessuali che vedono sempre più frequentemente i minori.
       L'analisi dell'autore su questi problemi è ampia ed esauriente, in quanto partendo dall'esame della riposta della giustizia minorile, prevalentemente di carattere penale, si sposta su aspetti più generali che rivestono la responsabilità della famiglia e di altre istituzioni, sicché l'opera per l'interesse che suscita, è rivolta non solo agli operatori del diritto, ma anche a chi volesse avere un quadro generale delle problematiche che essa affronta.
       Gli avvocati e i magistrati, specialmente i più anziani, troveranno ulteriore grande interesse nelle pagine in cui l'autore rievoca i periodi delle Presidenze del Tribunale per i Minorenni che si sono succeduti fino ai giorni nostri, mettendo in risalto la competenza, la professionalità di tutti coloro che hanno profuso il loro impegno a vario titolo per la crescita della istituzione.
       Un altro argomento di viva attualità – in quanto connesso al più vasto problema dell'edilizia giudiziaria nella nostra città – è quello assai travagliato e ancora irrisolto della sede del Tribunale per i minorenni.
       Attraverso una puntuale rievocazione degli avvenimenti occorsi a partire dal 1939, emerge una cronica incapacità degli amministratori comunali che si sono avvicendati da quell'epoca ad assicurare al Tribunale per i minori "una sede degna si una così importante istituzione".
       Franco Martino con pressante appello a porre grande attenzione nei confronti di questo importante organo istituzionale qual è il Tribunale per i minori, auspicandone un "massiccio potenziamento", lancia un chiaro messaggio a coloro che hanno responsabilità decisionali.
       Confidiamo con questo auspicio venga colto si da costituire il miglior riconoscimento al Suo encomiabile impegno di avvocato e di uomo di cultura.

AVV. FRANCESCO MONACO
Presidente Ordine Avvocati di Bari

L'Avv. Franco Martino, autore della presente pubblicazione
L'AVV. FRANCO MARTINO AUTORE DELLA PRESENTE PUBBLICAZIONE

 


Introduzione



La nascita del Tribunale per i Minorenni di Bari



       E' stato scritto che non v'è nulla di più lontano della realtà e della vita vissuta della legge scritta. E' una verità che i fatti confermano.
       Quando si crea una nuova istituzione, come tutti sanno, i problemi sono sempre gli stessi: disponibilità finanziaria, mancanza di personale sufficiente e preparato, organizzazione logistica inadeguata dei servizi, reperimento di sedi idonee.
       Fare le leggi è facile, applicarle, cioè renderle operanti e farle vivere, è difficile.
All'entusiasmo iniziale segue l'insuccesso, quindi la delusione e infine il fallimento.
Per gestire il settore minorile lo Stato è intervenuto istituendo organismi che si occupano in modo esclusivo della materia sia sotto il profilo giurisdizionale che amministrativo: ed è questa, una scelta comune alla stragrande maggioranza dei Paesi più sviluppati del pianeta.
       Il primo Tribunale per i Minorenni fu istituito il 1899 a Chicago.
In Gran Bretagna, invece, venne creato il 1904 a Birminghan e nel 1908, con Children Act, fu resa obbligatoria la istituzione delle Corti Giovanili oltre che in Inghilterra, anche in Scozia e in Irlanda.
       Seguirono altri Stati dell'Europa come Belgio, la Francia, l'Olanda, la Germania.
       Il criterio unificante di detti organismi fu la decisione di affidare la materia sia di natura penale sia di prevenzione e di protezione fu gestita amministrativamente.
       In Italia la problematica minorile all'inizio del secolo scorso fu oggetto di studi e di ricerche prima a livello accademico e poi a livello istituzionale.
       Va ricordata l'iniziativa del guardasigilli Orlando che, con una famosa circolare del 1908, pose l'accento su temi importanti che in seguito formarono oggetto di veri e propri progetti legislativi, temi come quello di destinare sempre gli stessi giudici ad occuparsi del minore, di porre in prima linea la personalità del minore stesso e del suo ambiente e di fissare le linee fondamentali per provvedere alla sua tutela.
Un codice dei minorenni porta la data del 1912, seguito da un altro testo nel 1922 ma nessuno di questi progetti giunse in Parlamento.
       Bisogna attendere il varo dei nuovi codici Penale e di Procedura Penale del 1930 per introdurre nella normativa, tra l'altro, l'elevazione dell'età minima per l'imputabilità da 9 a 14 anni e per l'obbligo di accertare la capacità di intendere e di volere di ogni minore dai 14 ai 18 anni.


Le previsioni della legge del 1934 in Italia


       Finalmente, con il R.D.L. del 20 luglio 1934 n. 1404. anche in Italia venne istituito il Tribunale per i Minorenni.
       Gli operatori del diritto poterono pertanto disporre di un compendio organico di norme in materia minorile che poi sarà di base ad ulteriori interventi, particolarmente estesi con l'avvento dello Stato repubblicano.
       Il tribunale per i Minorenni fu istituito in ogni sede di Corte di Appello ed ha giurisdizione du tutto il territorio del distretto e competenza in sede penale, civile e amministrativa.
       Doveva presiederlo un magistrato della Corte di Appello, affianco da un magistrato del Tribunale e da due componenti non togati nominati su delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, esperti in antropologia criminale, psichiatria, pedagogia, biologia e psicologia.
       Essi dovevano giudicare in fatto e in diritto alla pari dei giudici togati con i quali condividono parità di attribuzioni.
      In sede di appello, la Corte per i Minorenni è presieduta da un magistrato di cassazione e due magistrati di Corte di Appello, oltre a due esperti.
      La legge prevedeva un ufficio autonomo di magistrati per l'esercito delle funzioni del pubblico ministero, ufficio che doveva essere diretto da un sostituto procuratore generale di Corte di Appello che dipende gerarchicamente dal procuratore generale della Corte di Appello.
      La legge del 1934 prevedeva anche un giudice di sorveglianza.
L'obiettivo del legislatore su soprattutto quello di puntare sulla specializzazione del giudice minorile, creando un tribunale autonomo con la caratteristica di un organo giudiziario appunto specializzato.
      Di fatto, con la sentenza del 30 dicembre 1961 n.76 la Corte Costituzionale, rifacendosi al principio innanzi espresso dall'ordinamento giudiziario del 1934, ha esplicitamente sottolineato l'elemento caratterizzante delle giurisdizioni specializzate.
      L'autonomia affermata sulla carta in realtà non fu realizzata per diversi anni e accadde che alle funzioni di giudice minorile furono chiamati magistrati ordinari reclutati da altri settori.
      Si dové attendere il 1971 perché il legislatore istituisse autonome piante organiche dei tribunali per i minorenni, la qual cosa consentì una effettiva specializzazione dell'organo giudiziario e dei suoi incaricati.
      La competenza del Tribunale per i Minorenni com'è noto va dai procedimenti penali a quelli civili a quelli amministrativi.
      La competenza amministrativa, introdotta come dato innovativo dal legislatore del 1934, è di estrema importanza per gli operatori del settore minorile poiché riguarda lo svolgimento di attività di prevenzione della delinquenza minorile.
      Gli interventi di natura amministrativa, pertanto sono soprattutto indirizzati allo studio del soggetto, alla sua condotta e alla sua personalità, con la conseguenza che ove sussistano determinate condizioni viene valutata con decreto motivato la possibilità di affidamento del minore al servizio sociale o di collocamento in casa di rieducazione o in un istituto medico-psico-pedagogico.
      La specialità degli interventi amministrativi sta nel fatto che di essi non deve restare traccia alcuna.
      La competenza civile è limitata ai provvedimenti del giudice tutelare, ai problemi connessi all'esercizio della patria potestà, alla materia di adozione, all'interdizione del minore e così via.
      In questa breve e sintetica nota introduttiva alla storia del Tribunale dei Minori appare sempre più di preminente importanza la figura del giudice minorile, il quale pur avendo il compito fondamentale di giudicare secondo legge, specialmente in sede penale, può disporre di un margine di discrezionalità, atteso che egli viene chiamato a gestire un mondo particolare che richiede attitudini specifiche ed una predisposizione anche sotto il profilo umano a discernere quello che è più conveniente per il minore.
      Da ciò la necessità del suo essere specializzato nel senso che la valutazione del giudice e dell'uomo procedono in simbiosi ricercando nella norma quello spirito che più consente di capire e quindi di intervenire su quel particolare soggetto che è il minore.
      Da sempre si tende ad una più adeguata funzionalità di questo strumento complesso, di grande portata sociale, che è il Tribunale per i Minori.
      Nelle intenzioni del legislatore del 1934, pertanto, il Tribunale per i Minorenni doveva essere un organismo autonomo e specializzate nelle persone e nelle strutture.
      In realtà nella pratica tanto non si avverò. Vari fattori infatti resero difficile l'attuazione di tali propositi.
Una migliore funzionalità, come abbiamo accennato, lo si poté registrare a partire degli anni settanta del secolo scorso con l'introduzione delle piante organiche autonome destinate a questi Tribunali.
      La problematica minorile è molto estesa e complessa e lo diviene sempre di più con l'evolversi della società in termini morali e materiali, tanto che oggi sul Tribunale per i Minori convergono e premono materie collaterali e interdipendenti come la famiglia, il matrimonio la separazione personale e il divorzio, l'affiliazione, l'adozione, la tutela, con la conseguenza che questo Tribunale si trova assediato da altre competenze quali i maltrattamenti in famiglia, la violazione degli obblighi di assistenza per i minori, l'abuso dei mezzi di correzione, la sottrazione di minorenni, l'incesto, la convivenza di coppie ad di fuori del matrimonio e così via.
      Tutti i problemi emergenti che avrebbero bisogno di una legislazione chiara, organica e specifica.
La legislazione del 1934 purtuttavia non mancò di prevedere organi collaterali e strumentali di supporto ai Tribunali per i Minori.
      Furono istituiti un riformatorio giudiziario, un riformatorio per corrigendi poi chiamato casa di rieducazione, un carcere per i minorenni, un centro di osservazione poi istituito di osservazione.
      In pratica si tratta di settori di uno stesso istituito che prese il nome Centro di rieducazione dei minorenni. Un istituto che non diede e non ha dato frutti sperati per tutta una serie di fattori.
Spesso gli ingranaggi della burocrazia e della teoria hanno fatto al minore più danno della strada.
      Un essere umano non è un soggetto da studiare secondo certe regole e certi procedimenti, ma è un soggetto da capire e capire significa calarsi nella sua mentalità, nel suo ambiente,conoscere il perché delle sue deviazioni,in definitiva scendere al suo livello per rivivere assieme i suoi traumi, per scoprire il dove e il perché dei suoi errori.
      Ma per fare questo non basta solo personale con particolari attitudini soprattutto umane ma serve molto personale. Fare il giudice del minore o l'esperto in problematiche minorili non è solo una professione, ma anche una missione.
      Alla resa dei conti ci si è trovati dinanzi ad una istituzione nata male e cresciuta peggio, nonostante i buoni propositi del legislatore.
      Le nuove esigenze della società richiedevano interventi a livello organizzativo e funzionale coraggiosi e innovativi.
Parziali innovazioni si ebbero con la legge 888 del 1956 con l'attuazione di un decentramento amministrativo che conferiva maggiori poteri rispetto all'amministrazione centrale, ai tribunali e ai centri di rieducazione.
      I centri di rieducazione, sempre secondo le prospettive del legislatore, dovevano calarsi nel territorio di loro competenza al fine di poter avere a disposizione maggiori cognizioni per comprendere la personalità di ogni soggetto ed individuare caso per caso le soluzioni più adeguate.
      Una circolare de febbraio 1957 soppresse il carcere per i minorenni nei centri di rieducazione.
      I centri si presentavano come "una organizzazione unitaria, amministrativa e tecnica, di tutti i servizi sanitari e psicologici funzionanti nel centro".
Gli uffici di servizio sociale sorsero per la prima volta in Italia nel 1949: furono definiti un pilastro sul quale doveva essere costruito tutto il sistema rieducativo. Ma si è trattato di un pilastro sempre pericolante che ha dato corso a roventi polemiche.
      Essi hanno il compito, attraverso inchieste ambientali, di fornire al Tribunale un quadro completo della personalità del minore e sella sua situazione di vita, precedenti personali e familiari sotto l'aspetto fisico, psichico, morale. Nella realtà le inchieste risultano gonfiate di riferimenti teorici, superficiali, lontani dalla sostanza delle cose, vale a dire dalle vere cause che determinarono certe realtà.
      Spesso ci si dimentica che il trattamento del minore va adeguato ai bisogni individuali di ogni singolo disadattato onde eliminare le cause intime.


Le origini delle Case di Rieducazione


      Le case di rieducazione hanno dai riformatori regolati dalla Legge del 1889 sulla riforma penitenziaria e rientrati nell'ambito delle leggi di pubblica sicurezza.
      Il legislatore del 1931 creò il riformatorio giudiziario, mentre nel 1934 venne creato il riformatorio per corrigendi, cioè per i minori abbisognevoli di correzione morale.
      La casa di rieducazione è in definitiva un istituto di correzione morale, ma non è molto dissimile per funzionamento e obiettivo dal riformatorio giudiziario.
      Il concetto di "casa di correzione" per i minori fu lento ad affermarsi nei secoli scorsi.
Le strutture che provvedevano all'internamento dei "discoli" fanno la loro comparsa tra il seicento e il settecento, ma per quasi l'intero XX secolo sono le confraternite, le case pie, le parrocchie a prendersi cura dei diseredati in genere e dei minori in particolare.
      Le pubbliche istituzioni intervennero sporadicamente organizzando "scuole di lavoro" e centri di accoglienza che in realtà altro non erano che centri di internamento dove alle finalità essenziali si affiancavano spesso i religiosi ad occuparsene.
      L'interesse dei pubblici poteri era soprattutto quello di bonificare le fasce più emarginate della società al fine di assicurare ai ceti sociali integrati il loro più o meno tranquillo operare nelle attività domestiche e in quelle produttive.
      In ogni caso la confusione tra internamento inteso come carcere e casa di correzione si protrasse per lungo tempo sicché nella realtà di correzione si traduceva in repressione e tra "corrigendi" e condannati a pena detentiva non vi era gran differenza.
      Le cronache dell'epoca non nascondano situazioni estreme nelle quali, le pubbliche amministrazioni, anche per mancanza di strutture idonee, rincorrevano all'internamento nelle case destinate ai minori dei condannati a pene detentive.
      Una delle prime "Case di correzione" voluta da Clemente XI nei primi anni del 1700, per dividere i discoli buoni da quelli cattivi, è così motivata e descritta: "Essendo che, come giornalmente si vede, da ragazzi, o giovani minori di ventanni per la malizia, che supera l'età si commettono furti, ed altri delitti, pei quali venendo in mano della giustizia, si custodiscono nelle carceri della nostra città di Roma, e benché in luogo separato dagli altri, chiamato Polledraza, tuttavia, in luogo di uscirne corretti ed emendati , bene spesso ricadono in simili e maggiori enormità, sin dal principio della nostra assunzione al pontificato, per dare rimedio a sì gran male, pensammo di far fabbricare un luogo proporzionato attiguo all'ospizio di S. Michele a Ripa, da denominarsi casa correzione, siccome in effetto è seguito, e di presente la fabbrica si trova terminata con il numero di 60 piccole stanze, distinte e separate una dall'altra, e tutte insieme in un gran vaso di stanza, in mezzo di cui vi è l'altare per celebrar la santa Messa, oltre le stanze per un sacerdote, carceri e custodi, e vi è una loggia scoperta e sotto della medesima gran stanza si sono fatti altri gran comodi che possono servire per lavorieri di lana, ed altri usi per detto ospizio di S. Michele necessari e proficui".
      I regolamenti interni erano a seconda le circostanze assai duri e le punizioni andavano dalle nerbate, alle catene, alla privazione del cibo e così via.

      L'età degli internati andava da otto a vent'anni.
      Si trattava nella maggior parte di ladruncoli, borsaioli, disobbedienti ai genitori, giovani che avevano abbandonato il domicilio paterno.



La genesi della devianza minorile



      Quello che maggiormente provoca il minore è l'indifferenza.
      Il suo simile non è un nemico, ma un estraneo. Lo sfregio fatto ad un'autovettura in un parcheggio, la rottura ad una panchina nel giardino pubblico, il consumare una birra in un bar e darsi alla fuga senza pagare, sono gesti non contro la società, ma gesti che, per essere i destinatari del tutto sconosciuti, sono diretti solo a sconfiggere la noia che riviene da un mondo circostante assente. Un dispetto irrazionale appagante.
      In questi gesti non v'è cattiveria né odio né rancore, ma un fine liberatorio, sia pure momentaneo, dalla propria solitudine.
      Il primo stadio di irrequietezza è il frutto di amoralità e asocialità.
Il secondo stadio procede per imitazione, per contagio con il proprio simile: il gruppo è in grado di programmare, si pone un fine, vuole realizzare qualcosa per sconfiggere l'indifferenza degli altri ma anche per occupare uno spazio proprio nell'ambiente che lo circonda.
      La genesi della devianza non è nella scuola né nella società, ma nella famiglia.
E' li che comincia a sentire l'indifferenza degli altri, è li che viene considerato solo una bocca da sfamare, che viene trattato come un essere senza diritti, senza sentimenti, senza aspirazioni, senza personalità, senza interessi.
      Il padre e la madre sono distratti, hanno le loro preoccupazioni, si occupano prevalentemente dei propri conflitti, hanno la loro vita nella quale i figli spesso sono considerati solo un fastidio.
      Dai tre anni in poi è la scuola che deve occuparsene e la scuola per certe famiglie è una liberazione e un alibi al loro fallimento.
      Ai figli non hanno insegnato niente. Hanno trasmesso solo uno stato di solitudine e di emarginazione. Quella emarginazione che avvertiranno sempre più spesso quando prenderanno contatto in piena autonomia fisica con la società, emarginazione che la scuola non attutisce se non momentaneamente, poiché l'emarginazione è uno stato d'animo, un sentimento che cresce all'interno come una malattia, se non viene combattuta subito, sin dai primi anni di vita.
      L'emarginazione, il senso di solitudine, di indifferenza , di estraneità nasce in famiglia, ma sono le famiglie a rischio, cioè quelle più povere dove il senso di frustrazione si alimenta e si stabilizza.
      La scuola è solo un momento della vita adolescenziale: la vita è fuori. La vita vera si realizza o in famiglia o nella strada. Il giovane di oggi ha bisogno di sicurezza, sicurezza che non trova in famiglia, non trova nella scuola, non trova nella società, ma che invece trova nella moltitudine, nel branco, nel sentirsi uguale agli altri nell'uso degli stupefacenti, nella frequentazione di determinati ambienti, nei comportamenti, nel modo di pensare e di agire.
      La sicurezza sta nell'essere accettato, nell'annullare la propria personalità sull'altare delle convenzioni dominanti.
      E' come indossare un'uniforme.
      Scrive Paul Goodman nel suo "Gioventù assurda": "Ad un certo stadio il ragazzo si aggrega ad una compagnia di amici e ne assume gergo, divisa, tatuaggio e l'anello da uomo all'anulare della sinistra. Se è poco sicuro ed inquieto, questo conformarsi gli dà un senso di protezione; e anche se la compagnia è una banda di delinquenti, è pur sempre una conquista, come si vede dalla spavalderia".
      Ecco un secondo elemento che caratterizza il minorenne di oggi: la voglia di protezione, anzi la necessità di sentirsi protetto. E' uno stato d'animo, un processo psicologico che lo allontana dalla famiglia e dalla società nella quale si sente circondato dalla indifferenza.
      E' solo nell'anonima moltitudine, nel branco che si forma per strada o in discoteca, che il giovane si sente al sicuro di esprimere il suo linguaggio, libero di assegnarsi un ruolo, di sviluppare un'immagine, quale che sia, di se stesso.
      Aggiunge Goodman: "L'onere di provare chi ha torto non grava mai sui giovani, ma sul sistema sociale".
      Nulla incita alla imitazione quanto il cattivo esempio.
      La legge rimane un puro riferimento teorico, l'istituzione un segnale di buona volontà del legislatore.


La nascita del Tribunale per i Minorenni di Bari


      La legge istitutiva del Tribunale per i Minorenni, come sappiamo, nasce il 1934. Le corti di Appello del paese si attivarono prontamente per superare le evidenti difficoltà, consapevoli della importanza del nuovo organismo, nella necessità di consentirgli un rapido avvio e di fronteggiare le pressioni del Ministeri di Grazia e Giustizia.
      La Corte di Appello di Bari, per il vero, fu una delle prime a mobilitarsi con impegno e senso di responsabilità.
      Il primo problema da affrontare fu, naturalmente, il reperimento di locali idonei.
      In attesa che prendessero corpo il progetto di costruzione di una sede autonoma del Tribunale per i Minorenni, il Procuratore Generale del Re, Dott. Carrelli, di concerto con il Presidente della Corte di Appello non trovò di meglio che destinare alla nuova istituzione alcuni locali del Palazzo di Giustizia di Piazza De Cesare, in seguito demolito e divenuto sede della facoltà di Giurisprudenza.
      Il Procuratore Generale, con nota del 18 giugno 1934, nel comunicare al Commissionario Straordinario del Comune questa decisione, faceva presente che detti locali, in tutto due, "essendo umidi per cessi soprastanti, avevano bisogno di opportuni lavori " nonché di adeguato arredamento, con specifico riferimento ai quadri dei Reali d'Italia e del Duce.
      Consigliava il Procuratore Generale per la fornitura dei mobili di rivolgersi "possibilmente all'Assistenziario dei Liberati dal Carcere" .
      Per la protezione dei minorenni e per la loro assistenza in campo legale e più strettamente giudiziario, il Governo Fascista aveva provveduto da tempo a costituire diversi organismi tra cui l'Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell'Infanzia oltre alla introduzione di nuove forme sia in campo civile, sia in campo penale, sia in materia Pubblica Sicurezza.
      Il Ministero della Giustizia pertanto faceva pressione sulle Procure Generali affinché, in linea con la nuova legislazione, fossero creati gli organi periferici previsti, vale a dire i centri regionali di assistenza legale e di rieducazione dell'Infanzia abbandonata, i centri circondariali e i centri mandamentali.
      In una nuova nota sempre del Procuratore Generale del Re ai Presidenti e ai Procuratori dei Tribunali di Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto e Trani che costituivano il distretto della Corte di Appello di Bari, nonché alla Presidenza dell'Unione Italiana di Assistenza all'Infanzia con sede in Roma, così si legge: "Trattasi non solo di togliere lo spettacolo dei fanciulli abbandonati, che vivono una vita raminga, ai margini dell'attività delittuosa dei maggiorenni, che se ne fanno frequentemente istrumento di audaci imprese spesso ladresche, a di assistere i piccoli derelitti in quello che può essere stato il loro primo peccato, perché esso sia anche l'ultimo.
      Verso costoro dovendosi rivolgere in modo particolare i centri suddetti, provvedono:

      a) al patrocinio dei minorenni innanzi le autorità giudiziarie, cominciando dal moemnto in cui           viene loro addebitata la consumazione di un reato e seguendolo fino alla celebrazione del                 dibattimento e, quando del caso durante la esecuzione delle pene e delle misure                           amministrative di sicurezza.

      b) all'eguale patrocinio negli affari civili, siano contenziosi che di volontaria giurisdizionale,
        curando particolarmente:


            1°) la regolare costituzione dei consigli di famiglia e la tutela e la regolare gestione
               tutelare, la periodica riunione dei consigli stessi, il rendimento dei conti, la formazione
               d'inventario , ecc., l'omologazione delle deliberazioni consigliarmi la nomina, quando
               necessaria, di curatori speciali;


            2°) le procedure relative alle successioni ereditarie;

            3°) quelle pel reimpiego di somme (art. 22 Cod. Civ.)

            4°) le pratiche relative ai figli minori, in occasione di separazioni legali;

           5°) le pratiche relative alla privazione di patri potestà ai genitori indegni (art. 233 Cod. Civ.);

            6°) le pratiche relative al ricovero dei minorenni in istituti di educazione e
                  correzione (art. 221 e 222 Cod. Civ.).

      c) all'assistenza dei minori avanti le autorità amministrative e politiche;

      d) all'adeguata sorveglianza sulla vita e sulla condotta dei minorenni sia presso
           le loro case che presso quelle dove fossero collocati, educandoli e procurando,
           col consiglio e col conforto e con provvedimenti pratici, che i buoni siano
           tenuti lontani dall'avvilimento, dall'ozio e dal vizio, e che i caduti possano redimersi.

Tale spesa può compiersi agevolmente e con mezzi economici di quasi nessuna entità, sol che concorra un po' di buona volontà da parte di colore che vi debbano attendere, i quali potrebbero ricercarsi nelle seguenti tre categorie:

A) Avvocatesse, come quelle che ragioni di sesso e per istinto sono le più adatte ad interessarsi delle tenere creature e a porgere loro una mano, per sollevarle dal fango in cui minacciano di cadere;

B) I Vice-Pretori onorari, come quelli che essendo organi sussidiari e volenterosi della giustizia, meglio possano comprenderne le esigenze,nella lotta contro la delinquenza minorile;

C) Gli avvocati e procuratori che ne facessero richiesta e da comprendersi in apposito albo.

      Costoro – riuniti in apposito albo – farebbero un turno di servizio, in modo da assicurare l'esatto adempimento del compito loro commesso".
      Purtuttavia il problema centrale per porre in pratica un così vasto programma rimaneva la disponibilità di locali e strutture idonee che non esistevano.
Si tornava quindi a bussare alla porta del Comune annunciando al Commissario Prefettizio che "si sta provvedendo direttamente alla costituzione di Bari di un Centro Regionale, che avrà la sua sede nel Palazzo di giustizia, e che si fa conto di poter far funzionare con l'inizio del nuovo anno giuridico (29 ottobre 1934. XIII). Ma quello che più interessa è la formazione di un "Rifugio" sia pur modesto inizialmente, ove si possano fare affluire i ragazzi trovati in strada specie durante la notte, e che risultano materialmente e moralmente abbandonati dai propri famigliari. E' questa un'opera indispensabile, forse la più necessaria e di più immediato e tangibile risultato in cui occorre il concorso, sia per la ricerca dei locali, sia per l'arredamento degli stessi, delle persone che all'autorità del grado uniscono il notorio senso di viva comprensione dei problemi, che il Governo Nazionale Fascista ha posto al primo piano dell'attività legislativa, per il riflesso che la loro soluzione ha nell'avvenire della stirpe italiana.
      Gradirò pertanto, che V.S.III. ma si compiacesse farmi conoscere se eventualmente il Comune abbia disponibile qualche locale per installarvi sia pure temporaneamente il suddetto "Rifugio", in attesa che le nuove provvidenze legislative consentano una organica e definitiva sistemazione dell'intero problema minorile.
      Il procuratore Generale A. Carrelli".
      Tanto accadeva sempre nel mese di luglio 1934.
      Il comune rispondeva come da nota che pubblichiamo in appendice, cioè in senso negativo.
La procedura Generale, ormai impegnata a fornire soluzione concrete e a breve termine e a fare bella figura nei confronti del Ministero della Giustizia, non lasciava la presa e con nota del 4 agosto suggeriva al Commissionario Prefettizio "di esaminare la possibilità di assegnare per la costituzione di un Rifugio per i minorenni abbandonati, l'ex Monastero di S.Teresa ceduto con atto ......"
Il Commissionario Prefettizio, messo alle strette, rispondeva con nota del 23 agosto comunicando che "sarei disposto a concedere in uso perpetuo i locali del Monastero di S.Teresa delle donne (edificio ad ovest dell'Ospedale Consorziale) che lo Stato provvedeva a totale sua cura e spesa alle opere di sistemazione".
      Di tanto veniva informato il Ministero dei Lavori Pubblici che dava il suo assenso rimandando il tutto al locale Provveditorato alle Opere Pubbliche, con la conseguenza che per lo meno il problema del Rifugio poteva dirsi risolto.
      Purtroppo risoltone uno ne rimanevano sul tappeto altri.
      In conclusione, in attesa che il Tribunale per i Minori avesse una sede propria, le attività che lo riguardavano furono concentrate nei pochi locali disponibili del Palazzo di Giustizia.
      Per la prima volta si può leggere la dizione "Procura del Re presso il Tribunale Minorenni con sovrapposizione a penna a Civile e Penale, di Bari" nella nota del 15 novembre 1934, che pubblichiamo in appendice.
      Ma già il 22 dicembre la nuova istituzione poteva disporre di una propria carta intestata, come si rileva dalla missiva anche questa indirizzata al Commissionario Prefettizio il cui contenuto la dice tutta sulla situazione in cui versava l'amministrazione della giustizia dell'epoca, forse non del tutto dissimile da quelli di oggi.
      Il primo Procuratore del Re del Tribunale per i Minorenni di Bari fu il Dott. Enzo Della Villa.
      Il Commissario Prefettizio dell'epoca era il Dott. Vincenzo Vella.


Foto di gruppo in occasione della visita del Dott. Chieppa

Tribunale per i Minorenni di Bari - Via A. Scopelliti, 8 - 70123 Bari (Puglia) - Tel. 080.9173111 (centralino)
E-mail: [email protected] - [email protected]

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